Le prime bozze volano sul tavolo come missili, ma ovviamente non piacciono. E iniziano le revisioni, infinite. “Puoi cambiare questo colore? No, aspetta, torna indietro. Il font è troppo grande, ma non troppo piccolo, ma sì no boh”. Ti senti come un giocoliere che tiene in aria decine di palle colorate, mentre
Chi l’ha detto che creare una brand identity sia solo scegliere un logo carino e qualche colore? No, no, no.
Qui entriamo nel magico e caotico backstage dove i sogni del cliente incontrano la realtà del grafico, e il risultato è un balletto continuo di “Ti piace così? No? Allora prova con un’altra cosa”.
Tutto comincia con il briefing: “Voglio qualcosa di semplice ma che spacca”, “più colori ma non troppo, anzi sì, ma anche no”, “voglio un font elegante ma anche giocoso, capisci?”. E tu, grafico eroico, annuisci cercando di non perdere la sanità mentale.
il cliente aggiunge sempre nuove richieste come se fosse un menu a buffet. Il momento clou? Le telefonate serali e i messaggi a qualsiasi ora, perché “è urgente!” e “non puoi lasciarmi in sospeso”, anche se hai appena finito di cenare o stavi per andare a letto.
Ti ritrovi a rispondere a domande tipo “Ma posso avere una versione con Comic Sans?”, “E il logo con Papyrus?”. Sì, la doppia tortura tipografica.
E poi c’è quel magico momento in cui ti chiedono di “farlo più grande… no, troppo grande… più piccolo… ah no, quello prima era meglio”. Il cuore grafico inizia a battere a ritmo di montagna russa, e la tastiera rischia di essere la vittima sacrificale del tuo caffè.
Dietro ogni brand, dietro ogni identità, c’è un esercito di email, chiamate e revisioni che nessuno vede. C’è la pazienza di chi, nonostante tutto, riesce a trasformare il caos in creatività. E tu, graphic designer, sei il vero eroe dietro le quinte del delirio.
Quindi prepara popcorn e tisana: la prossima volta che vedi un logo perfetto, ricorda che dietro c’è un’epica saga di sopravvivenza a colori, font e revisioni infinite.
J.
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